La fatwa dell’assessore

Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul sito web della rivista SudCritica il 03 Maggio 2013.

Ieri sera mi è stata segnalata una critica mossa dal dott. Agostino Di Ciaula all’idea lanciata dal dott. Nicola Magrone, candidato sindaco per Italia Giusta secondo la Costituzione a Modugno (Bari), di realizzare una rete di connettività wireless che copra l’intera area comunale. La critica, per la verità, è rivolta anche al candidato sindaco del Pdl e a quello del M5s. Si è salvato il candidato del Pd per aver taciuto. Riporto qui per comodità l’intervento completo:

“Ben tre dei programmi elettorali proposti dai candidati Sindaco di Modugno (Magrone, Fragassi, Corriero) promettono la realizzazione di una rete WI-FI pubblica diffusa sul territorio comunale. Questo significa sicuro incremento dell’inquinamento elettromagnetico, in alcune aree già problematico. Senza contare la sindrome da ipersensibilità all’elettromagnetismo, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza (compreso il wi-fi) come “possibili cancerogeni per l’uomo” (gruppo 2B). Non credo sia necessario barattare consenso elettorale con la sicurezza sanitaria soprattutto dei bambini e delle donne in gravidanza. Qualora uno di questi tre candidati diventi Sindaco e persegua questo obiettivo, troverà in me ferma e decisa opposizione, con tutti gli strumenti che potrò avere a disposizione.”

https://www.facebook.com/notes/10223689764901436/

Devo essere sincero: la prima immagine che leggere questo intervento mi ha portato alla mente è stata questa:

Le onde elettromagnetiche fanno male: è vero. Intuitivamente lo sappiamo tutti, ce ne rendiamo conto ogni volta che un pollo dentro al microonde da crudo diventa cotto. Questo però non deve giustificare sterili allarmismi: l’elettromagnetismo è fondamentale per la società e quindi ineliminabile (a meno di non voler abbandonare computer, tv, radio, nonché ovviamente i cellulari) e, dovendo comunque decidere tra l’innocuo e il letale, il legislatore si è ispirato ad un principio di precauzione generale che grossomodo suona così: meno energia elettromagnetica assorbiamo, meno effetti biologici e sanitari subiremo. All’interno di questa ottica ha definito più di una soglia: massimi consentiti, valori di cautela, obiettivi di qualità, e tanti altri paletti dettati dalla necessità oggettiva di limitare le emissioni elettromagnetiche pur non conoscendone la giusta misura. L’unità di misura utilizzata nella normativa è il volt per metro (V/m).

La quantità massima di energia consentita tra i 3 e i 3000Mhz – le frequenze su cui operano radio, televisione, cellulari, WiFi, etc – è di 6 V/m per permanenze superiori a 4 ore al giorno, e di 20 V/m per permanenze inferiori a 4 ore al giorno. Queste soglie rendono la nostra normativa più rigida di quella di molte altre nazioni europee.

Partendo dal presupposto che la critica del dott. Di Ciaula non sia tesa ad eliminare completamente la trasmissioni radio e farci ripiombare nel medioevo, sarebbe bene dunque soffermarci sull’elemento di novità che ha provocato la sua reazione: il WiFi. Per contestualizzare questa tecnologia nell’ambito di ciò a cui non rinunceremmo mai, è utile confrontare WiFi e cellulari; e in questa ottica dobbiamo prima di tutto fare un distinguo tra stazioni radio base – i ripetitori – a cui si applicano quelle soglie, e i terminali – i nostri cellulari – a cui quelle soglie, per strane alchimie del diritto, non si applicano.
Questo in teoria, perché un ripetitore essendo fisso nello spazio e trasmettendo con costanza, irraggia costantemente l’ambiente circostante; i cellulari invece irraggiano limitatamente al tempo in cui si è in conversazione. Ma un moderno cellulare UMTS crea al centro del cranio un campo di circa 60 V/m: va ben oltre la soglia dei 20 V/m prevista per le permanenze inferiori alle 4 ore al giorno! Guarda caso i produttori di cellulari, parlando della salute degli utilizzatori, raccomandano sui manuali dei loro prodotti di usare il cellulare tenendolo a 1 metro di distanza (dove cioè sviluppa 6 V/m): sembrano cioè essere più cauti loro di quanto non lo sia il legislatore italiano con il suo principio di precauzione.
Il WiFi, per lo meno nella sua variante più diffusa, opera a frequenze analoghe a quelle dei telefoni cellulari, quindi il livello di pericolosità dipendente dalla sola frequenza è analogo; ma impiega potenze nettamente inferiori a quella che serve ai cellulari. Se infatti un ponte radio cellulare di una cella di medie dimensioni impiega decine di watt e un cellulare UMTS impiega 1 watt – 1000 mW (i vecchi GSM arrivavano invece al doppio di un moderno terminale UMTS), gli apparati WiFi non possono impiegare più di 40-60 mW senza superare il limite di legge fissato in tutta Europa a 100mW EIRP (potenza del trasmettitore moltiplicata dall’antenna e misurata a 1 metro da questa). È quindi chiaro che dal punto di vista quantitativo un apparato WiFi inquina meno di un cellulare: un apparato WiFi genera al massimo 1,7 V/m, contro i 6 V/m di un cellulare moderno; sempre ad un metro dall’antenna. Ricordo ancora che le classiche “pennine” che molti cittadini utilizzano per navigare su internet, sia in casa sia in mobilità, sono a tutti gli effetti dei cellulari che vengono adoperati a distanze ben inferiori ad un metro: come queste possano essere meno pericolose di un terminale WiFi che genera meno di un terzo dell’energia radiante, lo lascio decidere al dott. Di Ciaula.

Tornando al paragone tra rete cellulare e rete WiFi, ci accorgiamo di un’altra differenza. La rete cellulare si basa su celle di grandi dimensioni, supportate da antenne di sempre maggiore potenza: man mano che aumentano le utenze, per evitare di creare nuovi ripetitori, si aumenta via via la potenza delle singole antenne per evitare che la rete si saturi. La rete WiFi/WiMax, invece, può essere tranquillamente realizzata usando una costellazione di piccole antenne a bassa potenza (idealmente una per edificio): in questo modo, spalmando l’energia omogeneamente sul territorio, in nessun punto di questo ci sarebbero livelli energetici tali da creare nocumento alcuno. (NB: la tecnologia WiMax 802.16 utilizza terminali che sprigionano una energia addirittura inferiore al classico WiFi 802.11).

In conclusione si può dire che avere un’antenna Hiperlan o WiMax sul tetto di casa equivale ad avere mezzo cellulare sul proprio tetto. Ad essere ancora più precisi, possiamo dire che avere un’antenna Hiperlan o WiMax sul tetto equivale ad avere “un decimillesimo” di cellulare in tasca e lo stesso paragone si applica al ripetitore.

Ma l’ex assessore non deve necessariamente fidarsi delle mie parole: potrebbe per esempio consultare i risultati di un esperimento analogo effettuato dal CNR, di cui riporto solo il paragrafo conclusivo:

Inutile dire come anche i ripetitori Wi-Fi, Hiperlan e WiMax siano nettamente meno inquinanti di quelli dei cellulari. E’ quindi una pura leggenda metropolitana e pura disinformazione che il wireless inteso non come Umts/Gsm sia inquinante, anzi Wi-Fi, Hiperlan e WiMax devono essere il futuro delle tecnologie wireless.

Un esempio pratico di successo, realizzato “sulla pelle dei poveri bambini”, è il caso del piccolo comune di Casola Valsenio: copertura WiMax effettuata su tutta l’area comunale. Per la cronaca, al comune in questione è stato riconosciuto il certificato alla qualità ambientale EMAS.

Tornando all’intervento del dott. Di Ciaula, quindi (grassetto mio):

  • se è vero che l’inquinamento elettromagnetico nel comune di Modugno è “in alcune aree già problematico“, questo di certo non dipende dal WiFi: piuttosto, mentre era assessore all’Ambiente,  Verde e Qualità della Vita, che cosa ha fatto per limitarlo o contenerlo? E soprattutto, questo inquinamento è dovuto a servizi di cui almeno la cittadinanza può usufruire (come sarebbe il WiFi di Casola Valsenio) o è solo a vantaggio dei pochi soliti noti?
  • l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza (compreso il wi-fi) come “possibili cancerogeni per l’uomo” (gruppo 2B)“: niente di più vero. La definizione del gruppo 2B è “le circostanze di esposizione all’agente danno luogo a esposizioni che forse sono cancerogene per l’uomo.” Dato che ricadono nella stessa categoria e usano lo stesso spettro di frequenze ma lavorano a potenze nettamente superiori, propongo al dott. Di Ciaula di lanciare una campagna di sensibilizzazione sui forni a microonde, i telefoni cordless, i radar per il controllo del traffico aereo e i ponti radio, oltre che ai soliti TV e cellulari.
  • Non credo sia necessario barattare consenso elettorale con la sicurezza sanitaria soprattutto dei bambini e delle donne in gravidanza“. Questa affermazione, insieme a quella riportata al punto precedente, è l’esatto contrario di ciò che intendeva il legislatore: si è passati dal principio di prudenza al più italianamente diffuso principio di paura irrazionale.

Mi pare evidente che la questione sia stata affrontata con una certa superficialità dall’ex assessore. Mi fa ancora più specie che abbia dovuto utilizzare come giustificazione la tutela della salute dei soggetti più deboli. E forse è proprio per superficialità come queste che il comune di Modugno è così inquinato.